« Mare salvo,
inquinato tutto il resto ››
Pm e gip criticano la
decisione del sindaco di portare i reflui del depuratore nella falda
«Non bisogna avere
paura di questo provvedimento relativo al sequestro della condotta che collega
il depuratore consortile al canale Ostone››.
Dario Macripò, sindaco di
centrodestra di Lizzano, ha commentato cosi ieri alla «Gazzetta» la notizia del
sequestro eseguito dai carabinieri del Noe di Lecce, guidati dal maggiore Nicola Candido, dopo il
decreto firmato dal gip di Taranto Vilma Gilli. Eppure se non paura, quanto
meno un pochino di preoccupazione il sindaco Macripò dovrebbe averla. Alla «Gazzetta»
ha spiegato che, a suo parere, il depuratore «ha sempre funzionato bene» e che alla
base del sequestro potrebbe esservi la mancanza dell'autorizzazione allo
scarico. Ma le cose non stanno proprio così. Innanzitutto perché la mancanza di
autorizzazione avrebbe dato luogo, nella peggiore delle ipotesi, a un
provvedimento amministrativo e non a un sequestro penale. In secondo luogo ,qualche
serio dubbio sul corretto funzionamento dell`impianto dovrebbe sorgere, visto che
tutte quelle sostanze nocive finite nelle acque hanno causato da un lato
fenomeni visibili a occhio nudo come le chiazze e la colorazione del mare (fenomeni
denunciati dalla «Gazzetta» nell'estate del 2012) e dall'altro le conseguenze
individuate grazie alle analisi e ai campionamenti che hanno certificato il
superamento di alcuni limiti. Ma oltre a questo, è sufficiente leggere le sei
pagine del decreto di sequestro firmato dal giudice per le indagini preliminari
Gilli per capire che anche l`operato del sindaco e finito nel mirino degli
investigatori. In particolare il gip spiega che l’iniziativa del sindaco di
sversare le acque dei reflui del depuratore in falda - iniziativa assunta alla
vigilia delle ultime estati proprio per evitare che gli scarichi, tramite il
canale Ostone, arrivassero direttamente a mare - «non solo si pone in netta
antitesi» con le norme sancite dal Testo unico sull’ambiente, ma soprattutto
«non costituisce in alcun modo un’efficace soluzione al problema». Il giudice Gilli,
inoltre, richiama quanto scritto dal pubblico ministero Lanfranco Marazia che
ha condotto le indagini e chiesto il sequestro del canale, chiarendo che
l'azione del sindaco altro non e che una «mera sostituzione della matrice
ambientale attinta dal fattore inquinante(di per sé inalterato ed anzi reso cosi
ancor più insidioso): in luogo delle acque cristalline dello splendido Litorale
di Lizzano che durante il periodo estivo sono sotto gli occhi di migliaia di bagnanti,
si sceglie di inquinare Ia sottostante falda acquifera, con effetto non
immediatamente percepibili da parte della collettività, ma ancor più pregiudizievoli
per l'intero ecosistema della zona». Insomma l’azione del sindaco di sversare i
reflui nella falda salva le acque costiere - ma poi nemmeno tanto visti gli
esiti - ma pregiudica in maniera più critica, secondo gli inquirenti,
l'ecosistema del Iterritorio: «Si pensi solo – scrive per chiarire il pm
Marazia – alla contaminazione di acque potabili e destinate all’allevamento e
all'agricoltura››. Un'ordinanza, quindi, «discutibile» secondo il giudice
Gilli. ll sindaco Macripò, che non è iscritto nel registro degli indagati, ha
sicuramente con la sua azione prodotto «da subito miglioramenti delle acque
costiere» limitando o eliminando temporaneamente le problematiche derivanti
dallo scarico del canale «Ostone›› che hanno fatto infuriare bagnanti e gestori
degli stabilimenti balneari, ma, secondo quanto emerge dagli atti
dell'inchiesta, potrebbe aver creato non pochi problemi all'ambiente del
territorio di Lizzano.
(Di Francesca Casula, La Gazzetta di Taranto, 20
Febbraio 2014)
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