Ancora non noti gli esiti della campagna
di monitoraggio compiuta da Arpa a gennaio
Il sequestro preventivo di
un pozzo artesiano ubicato in
contrada «Palombara»,
nell’isola amministrativa del
Comune di Taranto, a pochi
chilometri dai centri abitati
di Lizzano, Fragagnano e
Monteparano, proietta
un’ombra pesante sulla discarica
Vergine.
L’impianto per lo smaltimento
dei rifiuti solidi urbani
è stato sequestrato dalla Magistratura
nel febbraio del
2014 e praticamente da allora
versa in stato di completo
abbandono, privo anche della
minima attività di manutenzione.
La società Vergine srl
che aveva rilevato la gestione
della società Vergine spa, è in
liquidazione; le fideiussioni
consegnate alla Provincia a
garanzia delle attività di gestione
e - soprattutto - post
gestione sono scadute (una
vicenda denunciata dalla
«Gazzetta» il 4 ottobre del
2015) e l’ordinanza firmata dal
Comune di Taranto alla fine
del 2015 con la quale si imponeva
a gestori e proprietari
di provvedere immediatamente
alla rimozione del percolato
(per una somma di
circa mezzo milione di euro) è
rimasta senza effetti pratici.
La Provincia, dopo aver avviato
la procedura di revoca
dell’Aia per assenza di fideiussioni,
il 15 dicembre
scorso, all’esito delle analisi
eseguite dall’Arpa nel maggio
2016, ha individuato nel gestore
Vergine srl in liquidazione
il responsabile di superamento
delle soglie di contaminazione
delle acque di
falda della discarica Vergine
in contrada Palombara, facendo
partire il procedimento
amministrativo finalizzato alla
emissione dell’ordinanza di
diffida a provvedere all’im -
mediata bonifica.
Un mese fa, però, Arpa Puglia
su incarico della Provincia
ha compiuto una nuova
campagna di monitoraggio
della falda acquifera di località
Palombara, campagna
che ha interessato anche altri
pozzi in aggiunta a quelli spia
della discarica. E tra questi
pozzi, c’è il pozzo artesiano
sequestrato dai Carabinieri
del Noe di Lecce l’altro giorno
in quanto all’interno i tecnici
dell’Arpa hanno rinvenuto
sostanze oleose. Si tratta di
sostanze arrivate nel pozzo,
ubicato poco distante dall’im -
pianto e di proprietà di un
cittadino all’ignaro di tutto,
tramite la discarica oppure si
tratta di un episodio, per
quanto inquietante, che nulla
ha a che vedere con l’assenza
di manutenzione e con le modalità
di gestione della Vergine?
Alla domanda probabilmente
risponderanno i Carabinieri
del Noe. D’altronde
la zona della discarica Vergine
è in tutti i sensi abbandonata
a sé stessa e davvero
nulla si può escludere,
nemmeno che ci sia chi approfitta
della situazione per
compiere sversamenti illegali,
praticamente certo della
impunità.
Anche alla luce dell’ultimo sequestro compiuto dal Noe,
sequestro che inevitabilmente
ha creato allarme nei residenti
nei paesi vicini alla
discarica Vergine, è fondamentale
che gli esiti della
nuova campagna di monitoraggio
compiuta da Arpa Puglia
sino resi noti alle autorità
competenti e pubblici
quanto prima. Il nodo della
Vergine va sciolto, sono passati
ormai 3 anni dal sequestro
ed è evidente a tutti che
un impianto di quelle dimensioni,
attivo complessivamente
per oltre 20 anni se si
considerano i vari lotti, non
può restare in quelle condizioni.
Il fascicolo riguardante il
sequestro del pozzo artesiano
è stato trasmesso dai Carabinieri
del Noe al pm Lanfranco
Marazia, lo stesso magistrato
che assieme al collega
Alessio Coccioli, ha chiesto
e ottenuto il rinvio a giudizio
dei 5 imputati coinvolti
nell’inchiesta sulle emissioni
odorigene della discarica Vergine.
Il 6 marzo inizierà il
processo a carico di Paolo
Ciervo, Mario Petrelli, Pasquale
Moretti e delle società
Vergine spa e Vergine srl. I
reati contestati sono gestione
illecita di rifiuti, getto pericoloso
di cose e violazioni al
testo unico sull’ambiente.
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