Discarica Vergine, «Attiva Lizzano» diffida il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno. Lo fa con un atto redatto dall’avvocato Francesco Nevoli e firmato da Angelo Del
Vecchio, presidente dell’associazione di volontariato. Nel documento, in buona
sostanza, l’esponente dell’associazione invita e, nel caso non lo facesse,
eventualmente diffida il capo dell’Amministrazione comunale «all’immediato
esecuzione dei lavori di smaltimento del percolato esistente all’interno della
discarica per rifiuti speciali non pericolosi ubicata in località Palombara in territorio
di Lizzano (ma isola amministrativa del Comune di Taranto)». Quest’iniziativa
deriva dall’ordinanza con cui lo stesso Stefàno aveva imposto ai proprietari di
rimuovere il percolato dalla discarica ma una recente sentenza del Tar aveva
stabilito che l’Amministrazione comunale non poteva avanzare una richiesta
simile. Per questo, «Attiva Lizzano» chiede al Comune di eseguire i lavori e di
presentare poi il conto alla società Vergine. E lo fa considerato che, in caso
questo non avvenisse, ci sarebbe un danno grave per la salute pubblica
classificato come «emergenza sanitaria» nella stessa ordinanza sindacale. Nella
diffida, inoltre, si cita una sentenza della Cassazione che stabilisce che «un
sindaco che non dispone l’immediato intervento per l’eliminazione dei rifiuti e
per il ripristino dello stato dei luoghi, risponde del reato previsto dall’articolo
328 del codice penale». Fonti vicine all’Amministrazione comunale stimano in 1
milione di euro circa l’importo degli interventi per la rimozione del percolato
(inizialmente) a carico del Comune di Taranto. A questo punto, prima ancora che
venga notificata a Palazzo di Città la diffida di «Attiva Lizzano», è probabile
che la direzione Ambiente comunichi all’Amministrazione comunale, in seguito
alla decisione del Tar, i costi da sostenere. Si tratterebbe di una cifra non
irrilevante considerando, peraltro, che il Comune non ha ancora approvato il
bilancio di previsione 2016 e, quindi, amministra non potendo spendere più di
un dodicesimo dello stesso mese dell’anno precedente. Ma cosa aveva scritto Stefàno
nell’ordinanza bocciata qualche giorno fa dal Tar? Il sindaco di Taranto era
passato alla linea dura. E lo aveva fatto un mese dopo la lettera inviata al
prefetto e ad altri enti di controllo dal dirigente del settore Ambiente,
Alessandro De Roma, in cui venivano evidenziati i rischi per la salute
derivanti, in particolar modo, dal percolato. In realtà, il sindaco di Taranto aveva
scelto la linea dura anche in seguito al sopralluogo effettuato dall’Arpa il 24
settembre scorso da cui sarebbero emerse delle novità «tali da determinare uno
stato di emergenza sanitaria e di igiene pubblica » .Tornando all’ordinanza, in
sintesi, il capo dell’Amministrazione comunale aveva ordinato (non a caso si
chiama ordinanza) alla società Vergine di «avviare i lavori di rimozione e
smaltimento del percolato, dopo aver ottenuto l’autorizzazione da parte
dell’autorità giudiziaria, entro dieci giorni dalla notifica della stessa
ordinanza e con la supervisione tecnica da parte di Arpa Puglia, da concludersi
nei successivi trenta giorni».
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