Questa mattina, alla foce del Canale Ostone, come succede periodicamente, c'è stato uno sversamento anomalo di reflui misti ad alghe e detriti trascinati lungo i 5 km che compongono il Canale dei Cupi. Ricordiamo che lo stesso canale ospita l'immissione dei reflui provenienti dal depuratore consortile di Lizzano, Fragagnano e San Marzano di S.G.
Di seguito le dichiarazioni a caldo dell'Amministrazione Comunale di Lizzano:
In data odierna si è verificato uno sversamento dal canale a Marina di Lizzano, subito ripreso con un video e postato sui social per informare i cittadini.
Le affermazioni fatte sui social relative a prodotti fognari scaricati nelle nostre acque sono assolutamente false e fuorvianti.
Questo fenomeno si ripete periodicamente sul nostro territorio, proprio perché causato dalla modifica morfologica della foce che trattiene in una zona acqua stagnante, fermata naturalmente dalla sabbia che il mare porta nelle sue mareggiate. Ovviamente tale acqua stagnante, nel momento in cui viene smossa la terra che la contiene, si riversa naturalmente in mare seguendo il suo percorso.
E’ un evento che si è verificato in passato più volte e che sicuramente rafforzerà l’intento da parte dell’amministrazione di evitare che si possano creare situazioni di pericolo per i bagnanti ed in particolare per i bambini che spesso giocano in quello specchio di acqua.
L’attuale amministrazione è presente sul controllo del territorio ed in particolar modo sulla situazione depuratore e dintorni, tanto che lo scorso 16 maggio (in funzione dell’avvicinarsi della stagione estiva) c’è stato un incontro tra l’amministrazione di Lizzano, il comandante della Polizia Municipale, i rappresenanti di AQP, Autorità di Bacino, Consorzio di bonifica Stornara e Tara, Arpa Puglia, nonché la presidente della Commissione Ambiente del nostro Comune, il rappresentante degli stabilimenti balneari e non ultimo il presidente di Attiva Lizzano.
L’auspicio è di riuscire a realizzare le opere future di un buffer ecologico di fitodepurazione da parte di AQP e relativa naturalizzazione del percorso, per far arrivare il meno possibile le acque al mare. La richiesta da parte del Sindaco al Demanio marittimo ed alla Polizia Ambientale è stata quella di garantire la pulizia della foce, affinché non ci siano acque ristagnanti e che il corso dell’acqua sia scorrevole per non creare masse d’acqua violente stagnanti, che mettano a repentaglio la sicurezza dei bagnanti.
Inoltre in quella occasione l’Arpa comunicò che le analisi vengono effettuate con regolarità e non ci sono mai stati superamenti (tranne ad aprile per azoto e fosforo).
Gli ultimi bollettini dell’Arpa, del quale alleghiamo un estratto (sono pubblici e disponibili) riporta valori assolutamente normali a conferma della balneabilità sicura delle nostre spiagge.
L’Amministrazione Comunale ha prontamente convocato tutte le parti coinvolte nel controllo della zona ed entro le prossime ore sarà in grado di dare ulteriori ragguagli sugli esiti di analisi tempestive richieste in giornata.
Si ringrazia per la collaborazione i cittadini che hanno celermente testimoniato e comunicato agli organi competenti il fenomeno, aiutando così l'amministrazione ad affrontare e risolvere questa situazione di emergenza.
A Taranto e provincia il pericolo per la salute e per l’ambiente non è determinato soltanto dalla presenza dell’Ilva. Nemmeno quando è in corso un processo per disastro ambientale e i gestori sono stati condannati in primo grado con l’obbligo di bonificare il sito; nemmeno quando un tribunale annulla tutti gli atti di autorizzazione per un inusuale raddoppio in altezza e coloro che lo hanno autorizzato sono in carcere in seguito a un’inchiesta per corruzione, nemmeno allora ci sono sufficienti ragioni per sperare che sia messo un argine allo scempio del territorio, ceduto al business dei rifiuti speciali provenienti da ogni dove.
Infatti una delle due discariche per rifiuti speciali, ubicate in provincia di Taranto, a cinque anni dal sequestro (la discarica Palombara), non può essere bonificata e messa in sicurezza perché la Provincia ha scoperto che “per le discariche Palombara e Mennole questo ente non dispone di alcuna garanzia finanziaria”. «A distanza di cinque anni dal sequestro preventivo – dice Angelo Del Vecchio, presidente del comitato AttivaLizzano – tutto è rimasto com’era: un lotto pieno a metà di rifiuti pericolosi, colmo di percolato e completamente scoperto, tanto che con la pioggia il liquido fuoriesce dagli argini e ha già provocato la frana di una parete della stessa discarica”.
Inoltre, secondo quanto pubblica AttivaLizzano su Fb, il Gip del Tribunale di Lecce non può dissequestrare il sito per dar luogo alla bonifica e messa in sicurezza perché la circostanza che sia intervenuta una sentenza di primo grado e non ancora definitiva a carico del gestore renderebbe incompatibile l’esecuzione degli interventi a opera di soggetti diversi. Nel frattempo il terreno sul quale insiste la discarica è stato acquistato dalla Lutum Srl, del gruppo C.I.S.A., società appartenente a un imprenditore locale, partner del Gruppo Marcegaglia in Appia Energy.
E il paradosso assume a questo punto caratteristiche davvero stupefacenti. Non solo perché si è potuto vendere il terreno sul quale insiste la discarica sotto sequestro, non solo perché la discarica continuerà a smaltire rifiuti dal momento che “il cessionario è disponibile a produrre in favore della provincia di Taranto le predette garanzie finanziarie per la prosecuzione dell’attività di discarica”, ma anche perché gli interventi di bonifica previsti dovrebbero essere attuati con finanziamenti pubblici! Sì, perché l’Ager Puglia e il comune di Taranto metterebbero a disposizione circa due milioni e mezzo di euro. Enorme sarebbe il giro d’affari che la riapertura della discarica in contrada Palombara muoverebbe, una torta da centocinquanta milioni di euro, perché l’impianto sarebbe ancora in grado di ospitare oltre un milione e cinquecentomila metri cubi di rifiuti. E intanto cresce l’inquietudine della popolazione per la possibilità di ulteriori danni ambientali e sanitari.
A Grottaglie, sempre in provincia di Taranto, è dal 1999 che si smaltiscono rifiuti speciali e di discariche ce ne sono tre. Mentre le prime due, autorizzate sopra un tratto dell’antica via Appia, non sono ancora entrate nella fase di post-gestione a oltre dieci anni dall’esaurimento e contrariamente a ogni norma vigente, la terza discarica, avendo esaurito dal 2016 gli oltre due milioni di metri cubi autorizzati, è stata in parte sopraelevata perché nel marzo 2018 l’allora presidente della Provincia, Tamburrano, nonostante il diniego degli enti preposti, ha cambiato in positivo l’originario parere negativo dopo avere nominato un nuovo comitato tecnico e un nuovo funzionario preposto a redigere l’atto. E se non fosse intervenuto il Tar, che ha annullato tutti gli atti di autorizzazione in seguito al ricorso del Comune e dei comitati, la soprelevazione avrebbe continuato a lievitare fino al raddoppio della volumetria, giustificato come “modifica sostanziale per l’ottimizzazione del profilo orografico per regolare il deflusso delle acque meteoriche”. Intanto anche queste discariche hanno cambiato proprietà, essendo state acquistate dalla municipalizzata lombarda Linea ambiente del gruppo LGH, il cui acquisto da parte di A2A è stato fermato nel marzo scorso dall’Autorità nazionale anticorruzione.

Desta inquietudine anche una nota presentata da Linea Ambiente al Consiglio di Stato – in aggiunta alla richiesta, non accolta, di cancellazione dal ruolo della causa avviata contro la sentenza del Tar che annullava tutti gli atti di autorizzazione del sopralzo – con la quale “la società motivava la richiesta di sospensione del processo per consentire al Consiglio dei Ministri di esprimersi sulla vicenda in quanto vi sarebbero motivi che lasciano pensare che il governo possa autorizzare il progetto di sopralzo”. Infatti, non si può non chiedersi quali siano questi “motivi” che lasciano pensare che il governo possa autorizzare il sopralzo, cioè il raddoppio in verticale di una discarica, sulla quale un tecnico interpellato dal comune di Grottaglie, ha redatto una relazionesottolineando “il rischio di rottura della guaina con la conseguente contaminazione della falda”, sostenendo anche che esiste un errore tecnico, in particolare per quanto riguarda il ristagno delle acque”. (etta ragusa)