19 dicembre 2016

«Alla discarica Vergine molto rari i controlli»

di Angelo Occhinegro, La Gazzetta del Mezzogiorno, 27 Febbraio 2016

Il duro documento di « Attiva Lizzano » dato alla Regione 

Al recente incontro presso l’assessorato all’Ambiente regionale sulla delicata questione ambientale della discarica Vergine (è posta com’è noto sotto sequestro), ha fatto tanto «rumore» il documento di Attiva Lizzano. Malgrado il presidente dell’associazione di volontariato Angelo Del Vecchio non aveva facoltà di parlare, il documento letto durante l’assemblea dal sindaco di Lizzano Dario Macripò è stato messo a verbale. Colpiscono alcune frasi e considerazioni finali del documento che parte inizialmente dai gravissimi danni procurati dalla vicina discarica Vergine. Attiva Lizzano ha fatto una cronistoria dei rifiuti, dell’ambiente inquinato e degli eventuali danni alla salute dei cittadini di
Lizzano, quando in quel tempo (anni 70) il Comune di Taranto e i comuni della provincia sversavano i rifiuti nelle cave, che venivano riempite di terreno di riporto e piantumati alberi o utilizzati come seminativi; inoltre cominciavano a verificarsi problemi di salute già negli anni novanta (incidenza elevata di leucemie, tumori di altro genere e disturbi alla tiroide). Attiva Lizzano ha fatto presente che in quel periodo mai nessun ente ha provveduto a fare alcun carotaggio. In quel tempo i controlli ambientali erano praticamente assenti. L’Associazione Attiva Lizzano ha rimarcato la propria contrarietà ad una eventuale voltura dell’AIA a nessun altro ente in quanto la discarica Palombara non può e non deve riprendere la sua coltivazione. L’Associazione Attiva Lizzano invita le istituzioni responsabili a farsi carico di ogni onere alla messa in sicurezza della discarica Palombara anche se questa priva di ogni garanzia fideiussoria». L’associazione di volontariato di Lizzano, attraverso il suo presidente Angelo Del Vecchio, si fa portavoce dei disagi e delle preoccupazioni della gente, delle famiglie locali. «La popolazione di Lizzano non è disposta a subire i tanti errori commessi dalle istituzioni in tutti questi anni permettendo una eventuale voltura dell’Aia alla Lutum srl, come paventato nell’ultimo consiglio provinciale di dicembre 2015». Attiva Lizzano ha lanciato una sorta di sfida finale nei confronti delle istituzioni, che non riescono ancora a giungere ad una soluzione concreta. Per il bene soprattutto dei cittadini. «A fronte di queste palesi anomalie ed omissioni, la popolazione di Lizzano è pronta a chiedere un risarcimento danni e farà tutto ciò che è necessario perché i responsabili di questi comportamenti illegali vengano individuati e puniti».

«Vergine, atti trasparenti»

di Angelo Occhinegro, La Gazzetta del Mezzogiorno, 23 Febbraio 2016

Attiva Lizzano chiede all’assessore Santorsola di partecipare alle riunioni

Non fare distinzione quando è in gioco la salute dei cittadini. In questa ottica si muove l’associazione di Attiva Lizzano che vuole essere coinvolta in tutte le iniziative riguardanti il settore ambientale e in particolare la discarica per rifiuti speciali «Vergine» che pur trovandosi nell’isola amministrativa del comune di Taranto, riguarda da vicino la comunità lizzanese. Il presidente Angelo Del Vecchio fa queste considerazioni. «A seguito dell’incontro nella sede della Regione Puglia con l’Assessore all’Ambiente Santorsola ed avendo avuto da lui, in quella sede, promessa di incontro con le istituzioni locali (Provincia di Taranto, Comuni di Taranto, Lizzano, Fragagnano, Monteparano, Faggiano e Roccaforzata) per definire e organizzare le problematiche che affliggono le popolazioni circostanti la discarica Vergine, inoltra allo stesso Assessore all’Ambiente regionale formale richiesta di partecipazione al tavolo istituzionale previsto per giovedì 25 febbraio 2016». Nella missiva Del Vecchio fa riferimento all’ultimo incontro che l’Associazione Attiva Lizzano ha avuto con l’assessore regionale il 28 dicembre 2015 presso la sede centrale della Regione Puglia con i presenti sindaci di Lizzano e Fragagnano, consiglieri regionali e politici locali. «C’era stata la promessa e la certezza che successivamente e comunque prima del 17 marzo, avrebbe convocato ad un tavolo gli enti e la nostra associazione per trovare una soluzione al problema scaturito dalla discarica Vergine sita su isola amministrativa di Taranto ma a soli due chilometri dall’abitato di Lizzano». Attiva Lizzano non vuole essere esclusa in questo momento importante dal nuovo summit regionale. «Dagli organi di stampa apprendiamo che l’incontro è stato organizzato per giovedì 25 prossimo venturo e che gli inviti sono stati già inviati, escludendola nostra associazione. Vogliamo credere che questo contrattempo sia dovuto ad un semplice errore nella formulazione degli inviti e che vorrà provvedere a farci inserire nell’elenco». Ultima riflessione di Del Vecchio. «Le ricordo che l’Associazione Attiva Lizzano - rivolgendosi all’assessore regionale all’Ambiente – è portatrice di interessi pubblici e ai sensi della Convenzione di Aarhus, ove venga avviato un processo decisionale in materia ambientale, il pubblico interessato deve potervi partecipare sin dall’inizio, vale a dire dal momento in cui tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un’influenza effettiva».

«Quarant’anni di rifiuti. Ora basta»

di Angelo Occhinegro, La Gazzetta del Mezzogiorno, 14 Febbraio 2016

Flash Mob di «Attiva Lizzano» per la chiusura della discarica Vergine. Presente anche il sindaco

Oltre 200 persone hanno posato davanti alla gigantografia che l’associazione di volontariato di Attiva Lizzano ha fatto affiggere in paese in corso Europa angolo via Sardegna. Ieri pomeriggio un
Flash-mob col raduno di cittadini e aderenti di Attiva Lizzano, che ha organizzato questa iniziativa, ma anche di amministratori (c’era anche il sindaco Dario Macripò). L’obiettivo è stato quello di lanciare un messaggio forte alle istituzioni provinciali e regionali sull’annosa questione della discarica
Vergine, sequestrata ma ancora priva di bonifica. E l’immagine della gigantografia è emblematica: «Oltre 40 anni di rifiuti. Ora basta. Chiusura e bonifica della discarica Vergine. Attiva Lizzano». Il presidente Angelo Del Vecchio dice: «Ne abbiamo fatto quattro di questi manifesti giganti 6x3: uno è stato affisso per 15 giorni all’uscita di San Giorgio, altri due a Taranto». Nell’immagine spicca il volto di una ragazza con la mascherina. «Rappresenta – spiega Del Vecchio - la popolazione che ha respirato i cattivi odori». Bisogna sperare che in paese spiri sempre vento di scirocco? «Sì, è così. Quando c’è la tramontana, specie nei mesi estivi, ci tocca chiuderci in casa». Quale altro risultato volete raggiungere, Del Vecchio? «Abbiamo già ottenuto un grande risultato in questi 5 anni con la chiusura della discarica. Il nostro lavoro è stato quello di far prendere coscienza dei cattivi odori. Che potrebbero essere solo la punta dell’iceberg. Speriamo che dal sottosuolo non emergano sostanze ancora più inquinanti per la nostra salute». Qual è il suo giudizio sull’Autorizzazione integrata ambientale? «Da quello che sappiamo, sarebbe scaduta nel 2013. Quando operava nel 2009, la discarica ebbe l’autorizzazione Emas, certificazione di qualità. In questi due anni supponiamo che non ce l’abbia più. Dal 2010 al 2014 hanno scaricato materiali pericolosi e fanghi non inertizzati. Ci chiediamo: come farà la Provincia a volturare un’Aia che non c’è alla Lutum?».
Le responsabilità dei politici quali sono? «Hanno combinato solo guai. Il 16 marzo la Provincia si pronuncerà se trasferire l’Aia alla Lutum o provvedere lei stessa alla bonifica. I cittadini sono stati messi al corrente da Attiva Lizzano».










Discarica «Vergine», scatta un sequestro da 6 milioni

di Francesco Casula, La Gazzetta del Mezzogiorno, 29 Gennaio 2016

Procura Taranto e Dda Lecce accusano: i gestori risparmiavano sul trattamento dei fanghi, ecco perché i cattivi odori nell’aria

Ammonta a oltre 6 milioni di euro il sequestro per equivalente eseguito ieri dai Carabinieri del Noe di Lecce nei confronti degli amministratori e delle società che hanno gestito la discarica Vergine, già fermata il 10 febbraio 2014 per le emissioni dannose che per anni hanno ammorbato i cittadini di Lizzano. I Carabinieri hanno messo sotto chiave le azioni, i conti correnti, i beni mobili e immobili della società «Vergine spa» e della «Vergine srl», quest’ultima subentrata nella gestione alla prima a gennaio 2014. Nel registro degli indagati sono finiti anche i due rappresentanti legali delle società, Paolo Ciervo e Mario Petrelli (quest’ultimo vice presidente del Taranto calcio nella precedente gestione), e il responsabile tecnico dell’impianto, Pasquale Moretti. L’accusa è di traffico illecito di i rifiuti, violazione alle norme ambientali e getto pericoloso di cose. Secondo i pubblici ministeri Lanfranco Marazia, della Procura di Taranto, e Alessio Coccioli, della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, gli indagati non avrebbero «inertizzato» i fanghi prima dello stoccaggio in discarica. I gestori, cioè, avevano l’obbligo di sottoporre i rifiuti a un trattamento per evitare che la diffusione dei cattivi odori, ma come spiega nel suo decreto il gip Simona Panzera «le società di gestione non hanno eseguito alcuna operazione di pretrattamento previste dagli atti autorizzatori». Nelle 26 pagine che compongono il documento, il giudice Panzera rileva che gli indagati «si limitavano a stoccare in discarica i rifiuti senza alcun trattamento, così ottenendo un consequenziale enorme risparmio nei costi di esercizio dell’attività e quindi, verosimilmente, riuscendo ad applicare dei prezzi che consentivano un cospicuo risparmio ai produttori». I consulenti del pm hanno calcolato che evitando le spese di inertizzazione dei fanghi, le società avrebbero incassato illegittimamente tra il 2010 e il 2014 ben 6 milioni e 200mila euro. Denaro che se fosse stato speso per trattare i rifiuti non avrebbe costretto, secondo l’accusa, gli abitanti di Lizzano a vivere barricati in casa per evitare che le emissioni della discarica continuassero a causare bruciore agli occhi, gola secca e persino nausea e vomito. Furono le denunce dei cittadini e delle associazioni ambientaliste come «Attiva Lizzano» che accesero i riflettori sulla discarica «Vergine» portando al sequestro dell’impianto del 2014. In quel provvedimento emerge che in determinanti momenti della giornata le concentrazioni di idrogeno solforato sono state nettamente superiori alla soglia prevista. Un punto che ha consentito agli investigatori di sostenere che il cattivo odore che appestava il Comune di Lizzano era una conseguenza della dispersione di sostanze che si sprigionavano durante le operazioni di «abbancamento dei rifiuti ed anche allo spegnimento di alcune torce presenti nell’impianto per la combustione dei biogas». Ma dall’ultimo provvedimento notificato ieri emerge inoltre che fino al 27 maggio 2013 la «Vergine spa» non ha avuto un modello «di organizzazione, controllo e gestione» e che dopo la sua adozione e la composizione di un organismo di vigilanza, quest’ultimo non abbia comunque «di fatto mai operato». Il gip Panzera chiarisce infatti che «le riunioni mensili inizialmente programmate sono state sospese sin dal settembre 2013, dopo due sole riunioni preliminari: dato quest’ultimo che consente tranquillamente di ritenere che l’organismo non sia mai stato posto nelle condizioni di operare nella pienezza dei suoi compiti». Emblematico, infine, è che a pochi mesi dalla costituzione l’organo di vigilanza venga addirittura revocato «ad inequivoca testimonianza - sostiene ancora il giudice nel decreto di sequestro - di come i vertici aziendali abbiano di fatto “ripudiato” il modello organizzativo a poche settimane dalla sua approvazione ed estromesso (o comunque depotenziato) sin da subito le uniche figure deputate ad operare in via indipendente il controllo interno sulla gestione dell’ente volto a prevenire la commissione di reati».

Era previsto l’impianto di inertizzazione ma in realtà non è stato mai costruito
Su questo presupposto fondamentale era stata rilasciata anche l’Autorizzazione ambientale

L’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Regione Puglia alla discarica «Vergine» parlava chiaro: i rifiuti dovevano essere trattati e inertizzati prima di essere stoccati. In più la stessa «Vergine» indicava la cosiddetta «Linea 1»


come «componente essenziale dell’impianto in parola, finalizzata a stabilizzare e solidificare tutti i fanghi in ingresso rendendoli idonei allo stoccaggio finale in discarica». Dalle indagini svolte dai pubblici ministeri Lanfranco Marazia e Alessio Coccioli, emerge però che di quell’impianto non c’è traccia. Il gip, Simona Panzera, lo spiega chiaramente nel provvedimento di sequestro affermando che tra le «carenze» dell’impianto «spicca certamente la mancata realizzazione di quello che nel progetto esecutivo» era espressamente «contemplato quale componente essenziale
dell’intero complesso aziendale» e cioè «la cosiddetta Linea 1, cioè l’impianto di trattamento preventivo dei rifiuti e stabilizzazione». Dai sopralluoghi effettuati dai carabinieri del Noe e dai consulenti del pm, Mauro Sanna e Maurizio Onofrio, «di tale impianto di preventivo trattamento non è stata rinvenuta alcuna evidenza». Insomma, l’impianto che secondo la Regione Puglia era fondamentale per concedere l’Aia «non è stato mai realizzato». Nel provvedimento di sequestro si legge infatti che «la ricomprensione in Aia della linea 1 non può in alcun modo essere posta in discussione da un punto di vista logico prima ancora che normativo. Appare indubitabile, infatti, che l’atto autorizzativo sia stato rilasciato proprio sul presupposto del preventivo trattamento “domestico” dei rifiuti fermentescibili in ingresso all’impianto in località Palombara». Ancora il giudice Panzera sostiene che, a conferma di questo punto, «non è stata imposta al gestore alcuna prescrizione in ordine ai parametri e alla provenienza dei materiali da stoccare in discarica, prescrizioni che si sarebbero rese, invece, necessarie se l’ente gestore non avesse assunto l’impegno (poi disatteso) di provvedere in loco al preventivo trattamento di stabilizzazione». Il magistrato ha anche sottolineato che «proprio sulla base di questo vincolo progettuale al pre-trattamento assunto» dalla «Vergine» in fase di richiesta dell’Aia, è stata istruita l’intera pratica autorizzativa «ed è ovvio, pertanto, che l’esercizio della discrezionalità amministrativa si è fondata su un presupposto (quello del trattamento incondizionato di tutti i fanghi in ingresso, prescindendo dalle loro caratteristiche) che non può non avere assunto una rilevanza decisiva ai fini del rilascio di quelle autorizzazioni». Insomma senza l’impegno alla costruzione dell’impianto per il trattamento dei fanghi, la società non avrebbe ottenuto l’Aia. Perché con la «stabilizzazione si elimina, o comunque si riduce al minimo, l’impatto sull’ambiente delle smaltimento dei fanghi». A Lizzano, invece, le esalazioni maleodoranti da cui è partita l’inchiesta giudiziaria dimostrano «oltre ogni dubbio come il non adeguato trattamento dei fanghi in ingresso abbia generato quell’impatto pregiudizievole sull’ambiente» che «il gestore si era impegnato ad evitare sul presupposto, poi disatteso, che tutti i fanghi sarebbero stati conferiti in discarica solo previa inertizzazione». Un punto non di poco conto che lascia spazio a una serie di domande: chi avrebbe dovuto vigilare? Chi avrebbe dovuto controllare che la «Vergine» rispettasse gli impegni presi?

Caso Vergine «Attiva Lizzano» diffida Stefàno

di Fabio Venere, La Gazzetta del Mezzogiorno, 22 Gennaio 2016 


Discarica Vergine, «Attiva Lizzano» diffida il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno. Lo fa con un atto redatto dall’avvocato Francesco Nevoli e firmato da Angelo Del Vecchio, presidente dell’associazione di volontariato. Nel documento, in buona sostanza, l’esponente dell’associazione invita e, nel caso non lo facesse, eventualmente diffida il capo dell’Amministrazione comunale «all’immediato esecuzione dei lavori di smaltimento del percolato esistente all’interno della discarica per rifiuti speciali non pericolosi ubicata in località Palombara in territorio di Lizzano (ma isola amministrativa del Comune di Taranto)». Quest’iniziativa deriva dall’ordinanza con cui lo stesso Stefàno aveva imposto ai proprietari di rimuovere il percolato dalla discarica ma una recente sentenza del Tar aveva stabilito che l’Amministrazione comunale non poteva avanzare una richiesta simile. Per questo, «Attiva Lizzano» chiede al Comune di eseguire i lavori e di presentare poi il conto alla società Vergine. E lo fa considerato che, in caso questo non avvenisse, ci sarebbe un danno grave per la salute pubblica classificato come «emergenza sanitaria» nella stessa ordinanza sindacale. Nella diffida, inoltre, si cita una sentenza della Cassazione che stabilisce che «un sindaco che non dispone l’immediato intervento per l’eliminazione dei rifiuti e per il ripristino dello stato dei luoghi, risponde del reato previsto dall’articolo 328 del codice penale». Fonti vicine all’Amministrazione comunale stimano in 1 milione di euro circa l’importo degli interventi per la rimozione del percolato (inizialmente) a carico del Comune di Taranto. A questo punto, prima ancora che venga notificata a Palazzo di Città la diffida di «Attiva Lizzano», è probabile che la direzione Ambiente comunichi all’Amministrazione comunale, in seguito alla decisione del Tar, i costi da sostenere. Si tratterebbe di una cifra non irrilevante considerando, peraltro, che il Comune non ha ancora approvato il bilancio di previsione 2016 e, quindi, amministra non potendo spendere più di un dodicesimo dello stesso mese dell’anno precedente. Ma cosa aveva scritto Stefàno nell’ordinanza bocciata qualche giorno fa dal Tar? Il sindaco di Taranto era passato alla linea dura. E lo aveva fatto un mese dopo la lettera inviata al prefetto e ad altri enti di controllo dal dirigente del settore Ambiente, Alessandro De Roma, in cui venivano evidenziati i rischi per la salute derivanti, in particolar modo, dal percolato. In realtà, il sindaco di Taranto aveva scelto la linea dura anche in seguito al sopralluogo effettuato dall’Arpa il 24 settembre scorso da cui sarebbero emerse delle novità «tali da determinare uno stato di emergenza sanitaria e di igiene pubblica » .Tornando all’ordinanza, in sintesi, il capo dell’Amministrazione comunale aveva ordinato (non a caso si chiama ordinanza) alla società Vergine di «avviare i lavori di rimozione e smaltimento del percolato, dopo aver ottenuto l’autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria, entro dieci giorni dalla notifica della stessa ordinanza e con la supervisione tecnica da parte di Arpa Puglia, da concludersi nei successivi trenta giorni».


Vergine, il Tar dà ragione ai proprietari

di Lucia J.IAIA, Q Provincia Taranto, 15 Gennaio 2016

«La bonifica deve essere fatta a carico del gestore»: respinta la richiesta del sindaco di Taranto

Il Comune di Taranto non può imporre ai proprietari dei terreni su cui insiste la discarica Vergine, la bonifica delle aree. È questo il principio affermato dal Tar di Lecce che, con ordinanza pubblicata ieri mattina, ha accolto il ricorso cautelare proposto dall’avvocato Luigi Quinto nell’interesse di Vergine Giuseppe, Vergine Giovanna, Vergine Anna Maria e Vergine Dino, proprietari del sito.
I quali si erano opposti al provvedimento con cui il sindaco di Taranto Stefàno aveva imposto loro alcuni interventi di bonifica. Soprattutto, quelli relativi, tra le altre coese, alla rimozione immediata del percolato. Il tribunale amministrativo ha invece precisato come manchi un accertamento di una qualche responsabilità dei proprietari nella causazione del danno. In altre parole, è chiaro che la responsabilità costituisca il presupposto indefettibile per imporre un obbligo di bonifica in virtù del principio di derivazione comunitaria del “chi inquina paga”.
Questo aspetto manca nel caso in questione. Dunque, nessun obbligo per i proprietari dei terreni della discarica Vergine. Differente appare invece la posizione del gestore dell’impianto. Nei suoi confronti infatti, l’ordine di bonifica resta valido ed efficace. Per questa ragione, la società Vergine srl, che al di là dell’omonimia non ha nulla a che vedere con i proprietari dell’area e che fa capo ad un imprenditore di Firenze, dovrà invece provvedere a quanto dovuto. «Il problema è che, da quanto
È dato sapere – dice l’avvocato Luigi Quinto - la società concessionaria non dispone di risorse finanziarie adeguate ad adempiere all’ordine di bonifica per il cui completamento sono necessari circa 20 milioni di euro. Problema aggravato dalla Provincia di Taranto che, nel 2014, ha disposto la restituzione delle garanzie finanziarie prestate dal gestore. Garanzie mai ricostituite. Non sembra quindi esserci alternativa se non quella di ricercare un altro imprenditore che possa subentrare nella gestione e sobbarcarsi l’onere di bonifica. In ogni caso, non bisognerà ripetere l’errore di consentire l’esercizio dell’impianto in assenza delle fideiussioni». Intanto, come è noto, il Comune di Lizzano ha messo a disposizione circa 200mila euro proprio per le operazione di bonifica. Una goccia nell’oceano dei 20milioni necessari ma, quanto meno, un inizio. «Abbiamo affermato – ha già precisato Macripò - che per la bonifica della discarica Vergine, il Comune di Lizzano è pronto a fare la sua parte e, così è stato. Il 18, con la delibera n. 242 che ha per oggetto “Discarica di rifiuti località Mennole e Palombara gestita dalla società Vergine Srl – determinazioni ed indirizzi” abbiamo fissato i termini della vicenda ed è proprio questa delibera che abbiamo consegnato all’assessore Santorsola e, per esso, al Presidente Emiliano». Naturalmente, il Comune da solo non può intervenire in maniera incisiva. «Ed è per questo motivo che vogliamo e dobbiamo coinvolgere la Regione Puglia – ha precisato il sindaco - ogni ente deve fare la sua parte».

AttivaLizzano: «Fuoriuscita di materiale, attendiamo il Tar»

del Q Provincia Taranto, 12 Gennaio 2016

«Mercoledì 13 gennaio attendiamo l’esito di una sentenza del Tribunale amministrativo regionale di Lecce che si pronuncerà in merito ad una ordinanza del sindaco di Taranto il quale, nel tentativo di ridurre le pericolosissime conseguenze del percolato fuoriuscito dalla discarica Palombara, aveva intimato alla società Vergine ed ai proprietari del terreno di farsi carico della rimozione del percolato». Così evidenzia il comitato “AttivaLizzano”: «A questa ordinanza, dopo aver fatto opposizione e ottenuto la sospensione del provvedimento, sarà il TAR a decidere se spetti o no ai proprietari del terreno evitare questo ulteriore aggravamento del disastro ambientale del quale siamo vittime. Purtroppo, i precedenti pronunciamenti del Tar Lecce sono stati sempre favorevoli al gestore della discarica e, grazie a qualche cavillo, si riusciva a calpestare il diritto alla salute dei lizzanesi. Ricordiamo che la discarica per rifiuti speciali, Palombara, gestita dalla società Vergine srl, era stata posta sotto sequestro dalla magistratura il 10 febbraio del 2014 per gravi inadempienze nel trattamento dei rifiuti. Questo dopo anni di lotta dei cittadini lizzanesi costretti a respirare i miasmi provenienti dalla discarica posta a soli 2 Km dall’abitato. Dal giorno del sequestro la discarica è stata abbandonata, malgrado fosse stato nominato un custode che avrebbe dovuto provvedere agli interventi di manutenzione indispensabili per la salute pubblica. I miasmi continuano ad appestare la nostra aria; inoltre, a causa delle piogge, si è verificata una pericolosissima fuoriuscita di percolato che potrebbe già aver inquinato la falda. In questo stato di cose, nell’aprile 2014, incredibilmente la Provincia di Taranto ha restituito ai gestori della discarica le fideiussioni (obbligatorie per legge ai fini della concessione dell’Aia) che avrebbero garantito la bonifica della discarica e, quindi, la tutela della salute pubblica. Incassate le garanzie assicurative, corrispondenti a svariati milioni di euro, la società che gestiva la discarica si è dissolta».

12 gennaio 2016

IL TAR LECCE DECIDE SUL DIRITTO ALLA SALUTE DEI LIZZANESI


Comunicato stampa del 11 Gennaio 2016


Mercoledì, 13 gennaio, attendiamo l’esito di una sentenza del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) di Lecce che si pronuncerà in merito ad una ordinanza del sindaco di Taranto il quale, nel tentativo di ridurre le pericolosissime conseguenze del percolato fuoriuscito dalla discarica Palombara, aveva intimato alla società Vergine ed ai proprietari del terreno di farsi carico della rimozione del percolato.
A questa ordinanza, dopo aver fatto opposizione e ottenuto la sospensione del provvedimento, sarà il TAR a decidere se spetti o no ai proprietari del terreno evitare questo ulteriore aggravamento del disastro ambientale del quale siamo vittime! Purtroppo, i precedenti pronunciamenti del TAR Lecce sono stati SEMPRE favorevoli al gestore della discarica e, grazie a qualche cavillo, si riusciva a calpestare il diritto alla salute dei lizzanesi!
Ricordiamo che la discarica per rifiuti speciali, Palombara, gestita dalla società Vergine srl, era stata posta sotto sequestro dalla magistratura il 10 febbraio del 2014 per gravi inadempienze nel trattamento dei rifiuti. Questo dopo anni di lotta dei cittadini lizzanesi costretti a respirare i miasmi provenienti dalla discarica posta a soli 2 Km dall’abitato.
Dal giorno del sequestro la discarica è stata abbandonata, malgrado fosse stato nominato un custode che avrebbe dovuto provvedere agli interventi di manutenzione indispensabili per la salute pubblica!
I miasmi continuano ad appestare la nostra aria; inoltre, a causa delle piogge, si è verificata una pericolosissima fuoriuscita di percolato che potrebbe già aver inquinato la falda.
In questo stato di cose, nell’aprile 2014, incredibilmente la Provincia di Taranto ha restituito ai gestori della discarica le fideiussioni (obbligatorie per legge ai fini della concessione dell’AIA) che avrebbero garantito la bonifica della discarica e, quindi, la tutela della salute pubblica. Incassate le garanzie assicurative, corrispondenti a svariati milioni di euro, la società che gestiva la discarica si è dissolta!
Tutti sapevano che il terreno aveva bisogno di essere bonificato, quindi: PERCHE’ RESTITUIRE LE FIDEJUSSIONI CHE AVREBBERO GARANTITO LA BONIFICA DI UNA DISCARICA SEQUESTRATA? GLI AUTORI DI QUESTA ASSURDITA’ HANNO RISPOSTO PER IL GRAVISSIMO DANNO PROCURATO ALLA COLLETTIVITA’?
Ora ci vogliono propinare che l’unica soluzione per tutelarci è RIAPRIRE LA DISCARICA!
Com’è possibile pensare di far credere di tutelare la salute pubblica alimentando una bomba ecologica? Dove finisce la logica, inizia la disonestà (intellettuale)…
Allibiti di fronte ai paradossi delle proposte politiche, ribadiamo con forza che l’unica soluzione è bonificare e chiudere per sempre la discarica. A tal fine, facciamo appello alla coscienza civica di tutte le istituzioni coinvolte in questa decisione: la salute di tutti, la vita dei nostri figli e il futuro del nostro territorio è nelle nostre mani!

ATTIVALIZZANO




4 gennaio 2016

Discarica Vergine, l’affare da riaprire

di Gaetano De Monte, Corriere di Taranto, 4 Gennaio 2016


Se volete la rimozione del percolato e la messa in sicurezza dell’impianto, l’unica soluzione è che la discarica dovrà riaprire. Sarebbe questa la linea politica scelta da una parte delle istituzioni locali tarantine per la risoluzione delle problematiche connesse alle discariche per rifiuti speciali non pericolosi gestite dalla società Vergine Srl, una delle quali sequestrata due anni fa dai carabinieri del Noe di Lecce, e tutte due in estremo abbandono.
In particolare, l‘ente Provincia di Taranto si era fatto portavoce, lo scorso 17 dicembre, di una proposta di deliberazione (poi ritirata per le proteste in aula dell’associazione Attiva Lizzano) che parlava in tal senso. Nel provvedimento firmato dal dirigente del settore (ecologia e ambiente) l’ingegner Martino DiLonardo, dopo aver ammesso che “per le discariche Palombara e Mennole questo ente non dispone di alcuna garanzia finanziaria, sebbene quest’ultima sia condizione necessaria per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di una discarica”; c’è un passaggio, contenuto nel corpo della deliberazione, in cui è lo stesso ente a dare notizia di un cambio di proprietà dell’impianto: “con nota del 01/06/2015 il signor Paolo Ciervo, in qualità di liquidatore / titolare della Società Vergine srl comunicava la variazione della titolarità della gestione dell’impianto (già autorizzato con Aia di cui alla determina n.384 del 2008) a favore della subentrante Lutum Srl di Massafra”. Un “normale” atto di compravendita di una discarica sequestrata, si dirà. Una semplice scrittura privata, con cui lo scorso 20 marzo la società massafrese (cosiddetta cessionario) ha acquisito “la disponibilità dell’area su cui insiste l’impianto”. Non soltanto. “Poiché l’autorizzazione oggetto di trasferimento è stata revocata con determina n.440 del 01/04/2015, il cessionario è disponibile a produrre in favore della provincia di Taranto le predette garanzie finanziarie per la prosecuzione dell’attività di discarica, così si legge nel carteggio intervenuto tra l’azienda Lutum srl, “società controllata” dalla C.i.s.a dell’imprenditore Antonio Albanese – come risulta dai dati resi disponibili dalla Camera di Commercio di Taranto – e il dirigente del settore ecologia della Provincia Martino DiLonardo”.
In sostanza, dalle “carte” traspare che da ambedue le parti si conviene di annullare il provvedimento con cui è stata disposta nello scorso aprile la revoca dell’Aia, autorizzazione ora oggetto di volturazione, cioè di passaggio di titolarità dell’impresa. Se ne ha conferma, di tale volontà, leggendo all’ultima pagina della proposta di deliberazione, laddove si dichiara espressamente che “la revoca della determinazione n.440 del 2015 è finalizzata all’accoglimento dell’istanza di volturazione della gestione delle discariche a favore della società Lutum srl, subordinatamente al rispetto, da parte della società subentrante, degli obblighi e prescrizioni di cui alle vigenti normative in materia ambientale, nonché di quelli contenuti nell’originaria autorizzazione”. L’ente locale ha motivato il provvedimento in questione con la necessità di “non poter far fronte all’attuale stato di abbandono in cui le stesse discariche versano e alle connesse ripercussioni che già vivono le popolazioni circostanti”.
Dunque, a quasi due anni di distanza da quel 10 febbraio 2014, quando i carabinieri del Noe di Lecce guidati dal maggiore Nicola Candido sequestrarono l’intero impianto di contrada Palombara, dando esecuzione, così, al decreto richiesto da pm Lanfranco Marazia ed emesso dal gip del Tribunale di Taranto, Valeria Ingenito perché “il grido di allarme da parte di un’intera comunità cittadina, divenuto sempre più pressante, rendono di per sé necessario ed urgente un intervento che impedisca il protrarsi degli effetti di un illecito che appare ben lontano da ritenersi superato, o anche solo attenuato per effetto delle dotazioni infrastrutturali recentemente installate”, la Provincia di Taranto, pochi giorni fa, dichiarando prioritaria e di interesse pubblico la soluzione del problema ambientale connesso alle discariche su citate, adducendo la sussistenza di sopravvenuti motivi di pubblico interesse, ha provato a far riaprire l’impianto, revocando il provvedimento di ritiro dell’autorizzazione integrata ambientale alla Vergine Srl, già predisposto dallo stesso settore, lo scorso primo aprile. Ma la storia non finisce qui. Già, perché ad esempio il dirigente firmatario della proposta, l’ingegner Dilonardo, è finito soltanto qualche mese fa nella bufera mediatica sempre per questioni di monnezza. E ora potrebbe finirci nuovamente, nel ciclone, perlomeno quello mediatico. In virtù del fatto che il figlio dell’ingegner Dilonardo – come anticipato a suo tempo dal Nuovo Quotidiano di Puglia – risulta essere socio in una società immobiliare con l’imprenditore Antonio Albanese, alla cui holding la stessa Lutum srl appartiene. Amministratore unico della Lutum è Nicola Lacalaprice, già dirigente della Cogeam, un consorzio di imprese di cui la stessa Cisa fa parte – insieme a Lombardi Ecologia e al gruppo Marcegaglia – per gestire la discarica di Conversano. Sia chiaro: soltanto motivi di opportunità politica potrebbero consigliare il dirigente ad astenersi ogni qualvolta sia in ballo un provvedimento che riguardi le società di Antonio Albanese. O meglio, forse il presidente della Provincia di Taranto e Sindaco di Massafra, Martino Tamburrano, non avrebbe dovuto nominarlo responsabile del settore ecologia. Ma c’è di più: la Lutum Srl sembra essere una scatola vuota (come la Vergine Srl, del resto) non ha dipendenti e risulta inattiva dal 2012. Risalgono a quell’anno gli ultimi bilanci disponibili, tendenzialmente in perdita. Una società che ha un capitale sociale di appena quindicimila euro, come potrebbe presentare le garanzie finanziarie a favore della Provincia per la prosecuzione delle attività delle discariche “Palombara” e “Mennole”, per le procedure di chiusura, post – chiusura, “nonchè di ogni prescrizione rilevabile dall’autorizzazione”; questo resta un mistero. È chiaro, invece, il giro d’affari che la riapertura de La Vergine in contrada Palombara muoverebbe. Secondo quanto dichiarato dal consigliere comunale di Lizzano (il comune più esposto ai miasmi e ai veleni delle discariche) Valerio Morelli, una torta che si aggirerebbe intorno ai centocinquantamilioni di euro. Perché l’impianto sarebbe ancora in grado di ospitare oltre un milione e cinquecentomila metri cubi di rifiuti. A conti fatti – prendendo in esame i dati dei rifiuti speciali non pericolosi smaltiti presso la discarica sita in contrada Palombara, nel solo 2012 – ultimo anno integrale di esercizio, se ne può avere un’idea. Centosessantadue milioni di tonnellate annue è il ritmo di conferimento, stando ai numeri riportati all’interno del modello unico dichiarazione ambientale – Mud – reso disponibile dalla Camera di Commercio. Per dare un’idea: ventitremila tonnellate soltanto di ceneri pesanti, scorie da acciaieria e polveri. Moltiplicate per circa cento euro a tonnellata, cioè il costo dei rifiuto, e avrete il prezzo, di quello che appare un massacro “necessario”. Perché intanto – come racconta l’esito di un sopralluogo nell’area da parte dei Carabinieri del Noe – in data 08/04/2015 “è stato rilevato all’interno del bacino della discarica una massiccia presenza di liquido verosimilmente riconducibile a percolato, in una misura pari a circa 5000 tonnellate”. Non solo. L’ultimo sopralluogo presso la discarica Palombara veniva effettuato, previa autorizzazione della Procura di Repubblica, l’11 novembre del 2015, e vedeva la partecipazione del Presidente della Provincia, del dirigente e dei funzionari del Settore Ecologia, di due rappresentanti della Polizia Provinciale, del Noe di Lecce, del rappresentante del Comune di Taranto (non è dato sapere chi fosse) del Sindaco del Comune di Lizzano, insieme al Vice – Sindaco dello stesso Comune e a due consiglieri di minoranza (non si sa a quale titolo) e del Sindaco del Comune di Fragagnano. Forse è stato durante “questa ricognizione dei luoghi” che è maturata, in una parte delle istituzioni locali, l’idea di far riaprire la discarica. Perché di questo si tratta. L’Arpa Puglia, invece, a quel sopralluogo non ha partecipato. Comunicando di aver svolto svariati interventi presso l’impianto, rilevando a partire dal febbraio 2013 (cioè un anno prima del sequestro) situazioni di criticità nella gestione della discarica “che ha già informato di tanto le Amministrazioni interessate, essendo già accertata la situazione di non idonea gestione del sito da parte della Vergine srl e quella di abbandono in cui il sito versa attualmente”. È indifferibile – conclude l’Arpa – l’adozione dei provvedimenti previsti dalla vigente normativa per la tutela della salute della popolazione. E proprio dello stato di salute dei cittadini che vivono a ridosso delle discariche in questione, “il partito dei rifiuti” che governa il territorio provinciale, ne è a conoscenza?