20 ottobre 2012
Considerazioni sul 13 ottobre: io non delego, io partecipo
La giornata di ieri ci è costata lavoro, impegno, ansia, e qualche discussione, anche. Ma le emozioni che tutti noi abbiamo vissuto e che ci hanno sconquassato hanno segnato un punto fermo nella storia di questa città. E oggi sentiamo di dover sottolineare questo: chiunque, d'ora in poi, penserà di poter prendere decisioni, ordinanze, provvedimenti, iniziative legislative e governative, dovrà vedersela con una comunità di cittadini che ha deciso di non delegare più a nessuno la realizzazione dei propri desideri, la tutela dei diritti, le scelte politiche, la discussione pubblica. Saremo noi a decidere del nostro futuro. Deve essere chiaro a tutti che questa non è più la città che ha subito per 50 anni scelte calate dall'alto e uno sviluppo industriale criminale che ha sacrificato centinaia di vite in nome del profitto e della produzione a tutti i costi. Taranto non è più la città in cui si può vietare ai bambini dei Tamburi di giorcare all'aperto nei loro spazi verdi. Non è più la città disposta a subire che un quartiere intero venga avvelenato. Non è più la città che ha visto gli operai troppe volte strumentalizzati contro i cittadini. Il cerchio si è allargato, come il nostro girotondo. E non sarà di certo un'Aia a fermarci.La città che vogliamo è fatta di discussioni pubbliche, di partecipazione, di bambini che giocano in strada, di condivisione, di manifestazioni di protesta e di dissenso. Ma soprattutto è fatta di scelte, le scelte della gente che abita i quartieri e i territori e che vuole, prima di tutto, il rispetto dei diritti: la salute e il lavoro.
Non ci interessano i numeri: qualcuno ha detto che eravamo 1.000, qualcun altro 3.000. Noi possiamo dire che eravamo "Liberi e pensanti": liberi di dire basta ai ricatti. Perché sappiamo chi sono i colpevoli della devastazione ambientale, sociale ed economica che ha soggiogato Taranto per 50 anni. Ed è a loro, lo Stato, la famiglia Riva, le istituzioni compiacenti o negligenti, che chiedermo il conto. Perché non saremo più noi a pagare per le loro colpe. Nè delegheremo a nessuno il compito di soddisfare le nostre aspirazioni e tutelare i nostri diritti.
E' stato bello sapere e vedere che nel nostro cammino non siamo soli: al nostro fianco ci sono tante realtà, comitati, movimenti, da Napoli a Lecce, da Chiaiano a Brindisi, da Bologna a Perugia, da San Vito Chietino a Barletta, da Cornegliano a Pomigliano, da Grottaglie, da Lizzano, da Massafra, da Foggia. Tutti uniti per combattere un sistema produttivo ed economico ormai al capolinea, che ha sacrificato la salute e il lavoro in nome di un capitalismo sfrenato. Soprattutto, era con noi la gente dei Tamburi. Perché noi siamo la gente dei Tamburi: siamo i commercianti che hanno abbassato le saracinesche in un sabato mattina di sole, siamo i condimini che hanno appeso striscioni al loro balconi, gli anziani che ci hanno guardato dall'alto e cantato con noi, siamo i bambini della Deledda e i piediatri che da anni combattono per curarli.
Taranto è i Tamburi e i Tamburi sono Taranto. E Taranto ha detto basta: Io non delego, Io partecipo.(http://www.globalproject.info/)
Cittadini e lavoratori liberi e pensanti
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